
Non comprendo, all'interno del Movimento Cinque Stelle, gli attivisti che si autocandidano e sentono la necessità di pubblicizzarsi. Se sei un attivista “vivace” nel tuo territorio, intendo l'area del collegio elettorale, dovresti essere sufficientemente conosciuto agli iscritti nella piattaforma; le tue caratteristiche di cittadino pronto ad agire in quei luoghi ospitali dovrebbero essere note. Non so, forse sono io che percepisco sensazioni diverse.
Sono io in errore? Forse sì, perché “sento” che l'attivismo nel Movimento è orientato principalmente verso il territorio e la comprensione dei bisogni dei concittadini, piuttosto che verso la ricerca di soluzioni legislative. La domanda è semplice: possiamo migliorare la vita dei nostri concittadini solamente attraverso il lavoro legislativo, oppure per apportare un vero cambiamento dobbiamo intervenire profondamente nel tessuto dei nostri sistemi di vita e di relazioni? In altre parole, il cambiamento può essere ottenuto con una o più normative, che potrebbero essere ignorate, cambiate, tradite, disattese, oppure è necessario lavorare in profondità fino a toccare il piano culturale delle esperienze del momento che stiamo vivendo? Non ho una risposta certa, solo delle “sensazioni”.
Comunque, non riesco a fidarmi di chi dimentica e imita modi che non ci appartengono, vizi di altre esperienze miseramente fallite. L'azione legislativa dei nostri "portavoce" deve essere alimentata continuamente dalle azioni che provengono dai territori. Non si cada nell'errore di credere che le soluzioni possano provenire da altre modalità, ormai logore e fallite; i nostri candidati, a qualsiasi livello, devono essere prodotti ed espressione genuina dei nostri "luoghi di lavoro", che sono le piazze e non le segreterie degli altri partiti o i banchi delle varie commissioni. In questo modo si eviterà certamente di ridursi a distribuire gadget, viaggi e cene con i soldi dei contribuenti. Da promuovere solo il proprio attivismo e i suoi risultati.