
"In caso di separazione lo Stato dovrebbe restituire al Mezzogiorno circa 850 miliardi di euro, cifra che corrisponde anche alla quota del debito pubblico italiano (2.500 miliardi) a carico del Meridione. Il risultato sarebbe la possibilità di ripartire senza passivo. Viene da farci un pensierino" (Pino Aprile).
Così inizia un editoriale di Pino Aprile, stimato autore del libro "Terroni". Attraverso la sua narrazione, con un’esposizione dei fatti esemplare e chiara, dimostra il furto continuato che lo Stato Italiano ha sempre perpetrato ai danni delle popolazioni del Sud e a favore delle regioni più ricche del Nord del Paese.
Le regioni "predone" ricche ed egoiste (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) tentano di accaparrarsi delle risorse comuni, trattenendo le tasse statali con l'Autonomia differenziata. Questo porterebbe alla "secessione dei ricchi", secondo l'appello di centinaia di docenti universitari al Presidente della Repubblica, firmato da 60.000 cittadini. Cosa accadrebbe se il Sud decidesse di separarsi e tornare uno Stato indipendente, come prima dell'Unità?
Una parte sparuta, barbarica e razzista, ha per anni minacciato la secessione, persino con l’uso di non so più quanti milioni di fucili. Ricordate quelli che con il tricolore si pulivano il culo? Quelli ignoranti cantano il "Va' pensiero", dimenticando che è un inno alla libertà del popolo ebraico dal giogo egiziano.
L'efficiente amministrazione milanese e lombarda, secondo uno studio recente, ci è costata 18 miliardi per un'Expo che ha reso 400 milioni. Al Sud la secessione converrebbe davvero: l'Italia è un Paese ricco, il Nord assorbe praticamente tutti gli investimenti pubblici per le grandi opere e, allo stesso tempo, è un Paese povero, il Sud, dove lo Stato non spende per treni, strade, porti, lavoro. Questo, di conseguenza, comporta che arrivino per il Sud tanti soldi dall'Unione Europea, a cui si possono aggiungere quelli che l'Italia deve spendervi per colmare il divario fra le due parti del Paese.
Invece, i governi di ogni colore (tranne i due governi Conte) sottraggono al Mezzogiorno gli investimenti nazionali e li dirottano al Nord, lasciando che del Sud se ne occupi l'Europa, se vuole, per poi sottrargli le risorse. Così, il mezzo Paese ricco guadagna a spese del mezzo Paese povero. La Questione Meridionale, invece di essere sanata, si aggrava.
Se pensiamo a un Sud quale Paese autonomo, quei soldi resterebbero tutti ai cittadini meridionali e non sarebbero sottratti per dirottarli alle regioni del Nord. Se ipotizziamo una "secessione del Sud", centrale è la questione del debito pubblico, che è di circa 2.500 miliardi e che andrebbe diviso fra gli italiani, pro capite. Gli abitanti delle regioni meridionali sono venti milioni, il 34% della popolazione, quindi dovrebbero pagare il 34% dei 2.500 miliardi, circa 850 miliardi (ha fatto i conti, ancora una volta, l'onorevole Pedicini, che al parlamento di Strasburgo rappresenta il M24A-ET, di cui è vice presidente). Ce li ha il Sud tutti quei soldi? No, glieli hanno rubati per darli al Nord. Lo dice l'ente di Stato che certifica che fine fanno i soldi pubblici (Conti Pubblici Territoriali). A quanto ammonta il furto fatto dallo Stato e subito dai cittadini del Mezzogiorno? Soldi che dovrebbe restituirgli in caso di secessione. In 17 anni ammontano a circa 850 miliardi, senza contare il prima.
Il Sud potrebbe staccarsi senza pagare un euro e entrerebbe nell'Unione Europea con zero euro di debiti, il che gli consentirebbe di attingere prestiti per risanare i suoi territori abbandonati dallo Stato centrale. Sulla carta, come dati economici, supereremmo la Germania.
È arrivata la risposta della Commissione per le Petizioni, dalla europarlamentare Montserrat, che conferma che i timori dei sindaci meridionali di vedersi privati di quanto loro spetta sono fondati, perché la Commissione ha deciso di "condurre un'indagine preliminare" sul rischio che "l'uso delle risorse del Next Generation EU", con la ripartizione del PNRR italiano, invece di ridurre il divario Nord-Sud, come chiede Bruxelles, accresca la "divaricazione economica, sociale e territoriale ai danni del Mezzogiorno d'Italia".
Iniziamo ad analizzare il saccheggio delle risorse del Recovery Fund da parte delle organizzate lobby padane. Accadono cose che dovrebbero quantomeno allarmarci, incluso il fatto che l'entità dei furti di fondi pubblici subita dal Sud con la complicità dello Stato è tale che ci si potrebbe salvare solo con la fuga; qualcuno inizia a far di conto e scopre che sarebbe un affare per il Mezzogiorno "separarsi". Senza le sanguisughe nordiste avremmo i conti a posto con l'Europa e debito zero, ci pensate?
A dire il vero, dopo la petizione presentata a Bruxelles dall'M24A-ET e dalla Rete dei 500 sindaci del Mezzogiorno, e di Pedicini, tale evento fu presentato in una seduta pubblica oscurata dall'informazione meloniana e mai arrivata al vasto pubblico. Bruxelles è preoccupata dello squilibrio del PNRR tanto che vuole indagare per capire se sarà davvero usato per ridurre il divario Nord-Sud.
Se si fa notare che al Sud c'è il più ampio bacino di voti in libera uscita, per il super astensionismo degli elettori del Movimento Cinque Stelle, votatissimo nel 2018 con percentuali da record, e il chiaro fallimento del tentativo della Lega di accaparrarsi quegli elettori, e la mancata crescita dei partiti tradizionali fa pensare che sono solo in attesa di una proposta politica seria e rivoluzionaria che li soddisfi.
"Nei gruppi già esistenti e di un certo corpo, si accendono ambizioni che portano a ideare nuove "fusioni", "federazioni" per domani, ma che cominciano con nuove divisioni oggi. Il caos? Ma è dal caos che nasce l'ordine di un diverso futuro. Come direbbe Mao: grande confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente: ma è un cielo meridionale che si sta alzando sull'orizzonte" (Pino Aprile). "'O tiemp 'e tempest, ogne pertuso è puorto", dicono a Napoli.