I califfi Arabi governavano la Sicilia da almeno 100 anni e in quei tempi Palermo era una città ricca e florida che splendeva di luce propria. Il suo porto era una porta aperta a tutto il mondo conosciuto e i commerci delle merci davano benessere a tutta la popolazione. Il racconto ci narra di un giovane moro che, giunto a Palermo nel recarsi, dai pontili del porto alla casa dove era atteso, nel vicino quartiere nominato “Al Hàlisah” (l'odierno quartiere della Kalsa), fu attratto da una giovinetta che era intenta a accudire alle numerose piante che decoravano il sui balcone; la vide e se ne innamorò follemente. Il giovane moro, accecato dalla bellezza della ragazza non ebbe indugi e si presentò a casa della fanciulla per dichiararle il suo amore.
La donna, di fronte a una dichiarazione così appassionata e a un giovane altrettanto attraente ed evidentemente ricco, non potè rimanere indifferente, e i due divennero amanti.
Vissero una storia intenza e bellissima ma un giorno, l'uomo rivelò il suo segreto: dal paese da dove proveniva ad attenderlo c'erano moglie e figli.
Siciliana era la donna e non possedeva sentimenti che gli permettessero di condividere un uomo con altre. Ferita nell'orgoglio, la donna impazzì di gelosia e nel sonno uccise l'amante e gli taglio di netto la testa. Tutta la notte armeggio su quell'orrendo trofeo. Lo svuoto, lo ripulì e nell'interno del cranio trasferì terra e una pianta di basilico, quindi lo espose insieme agli altri vasi, sul parapetto metallico del suo balcone. In questo modo impose il suo dominio senza nessuna possibilità di condivisione con altre.
Quella pianta, forse alimentata dai resti organici dell'uomo, crebbe a dismisura , rigogliosa al punto che i passanti e i vicini non potevano non accorgersi di quel vaso a forma di testa di moro. Da li si dice che nacque l'usanza dei vasi in ceramica a forma di testa di moro che adornano fino ai nostri giorni i balconi delle nostre città e restano sempre quale monito a ricordare che le ragazze siciliane dolcissime e belle sono ma è meglio non approfittarne.